tragicommedia musicale en travesti
“Sappiate che questa è la mia ferma volontà.
Scrollare via tutte le incombenze e le preoccupazioni
dai miei vecchi anni, per affidarle a forze più giovani.
Ditemi, figlie mie: chi di voi mi ama di più?”
Ispirato a Re Lear di Shakespeare, è uno spettacolo popolare e alto al tempo stesso - come vuole la tradizione elisabettiana.
Scritto da Claire Dowie, musicato da Enrico Melozzi, diretto e interpretato da cinque drag queen - perfetta declinazione contemporanea del fool shakespeariano.
La tragedia shakespeariana viene riletta in chiave drag queen e calata in una realtà contemporanea: al posto del vecchio re c’è ora una “regina” che non sa rinunciare al suo regno, fatto di bambole e ricordi, i castelli sono monolocali, le brughiere ospizi, e la pazzia è demenza senile.
Queen LeaR raccoglie temi scomodi del nostro tempo – la vecchiaia, l’integrazione, la morte – raccontandoli con lo stile caro alla compagnia, fatto di commistioni tra i generi, una buona dose di ironia, citazioni pop e personaggi sopra le righe – ma non per questo meno autentici.
La sfida che affrontiamo con Queen LeaR dal punto di vista registico è la messa a sistema di un metodo di lavoro sperimentato in anni di trascorsi come gruppo, durante i quali abbiamo maturato e verificato la convinzione di possedere una poetica originale, non facilmente accostabile ad altre esperienze. In un progetto come Queen LeaR che pone, come nostra abitudine, obiettivi nuovi come una drammaturgia scritta originariamente in lingua inglese e la composizione originale di tutte le musiche, abbiamo ritenuto importante tenere fermo il pallino della regia sulla nostra storia.
Vogliamo andare lontano ma vogliamo assomigliare a noi stessi, ecco perché abbiamo puntato su di noi, pur essendo tutti in scena. Cosa vogliamo da Queen LeaR lo abbiamo dunque implicitamente detto: aprirci le porte del sistema teatrale estero, emanciparci dall’uso delle canzoni eseguite nella classica maniera “drag” con la tecnica del lipsync cantando tutti dal vivo, restare nell’alveo creativo “Nina’s”, e, naturalmente, far ridere e fare piangere, come sempre.
Vogliamo una storia contemporanea in cui il re è una regina, Lea R., questa è la poetica che abbiamo scelto sin dagli esordi, la nostra maschera è fatta di solo trucco e glitter, è una maschera da commedianti, moderni clown, o se vogliamo, classici shakespeariani, poiché così avveniva ai tempi del Bardo.
Queen LeaR è una storia in cui la regina non è “pazza”, piuttosto affetta da demenza senile, e poiché l’amiamo, l’abbiamo immaginata come una Gloria Swanson sul viale del suo tramonto. Il nostro è un Lear in cui Gonerilla e Regana, prima e secondogenita, non sono le caricature delle sorellastre di Cenerentola, ma due femmine alle prese con una realtà ingombrante, la madre che perde autonomia, i loro piccoli grandi demoni e le loro piccole grandi aspirazioni. Una figlia giovane, Cordelia, che parla col cuore sì, ma anche che sceglie di non stare accanto alla madre, al contrario di Kent, la fedele amica che invece fino alla fine deve restare, nonostante condivida lo stesso destino di esilio della figlia minore. Kent e Lea, una coppia di anziane, che la società non chiama famiglia perché l’amore di solito non ha le sembianze di due vecchie ciabattine.
Nemmeno un maschio in scena? Assolutamente sì, invece, Edmund, il “bastardo” shakespeariano, cui diamo vita imponendo ad Alessio Calciolari il doppio ruolo, è figlio della crasi tra Edgar ed Edmund: è fuori posto ed illegittimo poiché migrante, ma ha a cuore la famiglia, propende ad occuparsi della “sfera umana” e ha un innato ascendente sugli anziani. Edmund è una figura che oseremo definire un “faux king”, che sta ai drag king come una faux queen sta ad una drag queen. Se vi siete persi, pensate a un attore che interpreta un “ipermaschio” all’interno di un ensemble tutto al femminile.
C’è un Matto, un pupazzo cui ha dato luce il burattinaio Salvatore Fiorini, parla a Lea, parla per Lea, parla di Lea, perché le è accanto da sempre, nella vetrina del suo negozio di bambole che sta chiudendo durante l’ouverture, lui ha visto tutto e sa che Lea sta invecchiando prima di diventare saggia. Infine niente cavalieri, brughiere e capanna, ma bambole, panchine e ospizio con altri vecchi, sì, i vecchi, dimenticati da tutti, che sanno ricompensare un cuore generoso, protagonisti di questa storia.
Pareva, tutto ciò, abbastanza per salpare.
Come tenere lontani caos e nevrosi durante le nostre ore in mare aperto? Con la nostra consuetudine a fare riunioni in cui sistematicamente piangiamo la nostra sicura disfatta pochi istanti prima di brindare per un successo scolpito a caratteri d’oro sulla Walk of Fame, un training mattutino a base di rossetto e cioccolato, sedute serali di autocoscienza per persone bionde dentro. Evidentemente potevamo naufragare dopo poche miglia ma sorprendendo noi stessi di tanta razionalità, abbiamo delegato ad ognuno il controllo di un processo.
Lorenzo Piccolo ha seguito il lavoro drammaturgico sul testo di Claire Dowie e la traduzione di Michele Panella, divenendo coautore della traduzione. Sax Nicosia è stato il nostro direttore musicale alle prese con la scrittura di Enrico Melozzi, dalle prime note composte al piano sino alle registrazioni con i 24 elementi dell’Orchestra Notturna Clandestina di Roma, passando e ripassando per Ingresso Artisti di Elena Arcuri e Federico Salerno, dove le Nina’s hanno studiato lungamente per poter cantare. Ulisse Romanò ha seguito la progettazione del lavoro scenografico firmato da Erika Natati mentre ad Alessio Calciolari è andato il compito di coadiuvare Rosa Mariotti nel disegno di costumi, trucchi e parrucche (realizzate da Marco’s Wigs). A Gianluca Di Lauro infine, è toccato l’onere e l’onore di tenere il timone della nave e di intuire quali fossero i venti più propizi, scegliendo quotidianamente quale rotta seguire ascoltando gli umori dell’equipaggio, equipaggio completato dal nostro faro nella notte Andrea Violato, che ha disegnato le luci dello spettacolo, da Alessandro Baldo fonico di palco e dagli assistenti alla regia, alle scene e ai costumi rispettivamente Camilla Brison, Giulia Bruschi e Leonardo Locchi.
Pare si veda un porto ora, denominato Teatro Carcano e là, lontani dalle tempeste che abbiamo attraversato, toccheremo terra, indosseremo i tacchi e canteremo tutto quello che abbiamo visto in questo lungo viaggio.
Le Nina’s, Dicembre 2018
uno spettacolo Nina’s Drag Queens
testo Claire Dowie da William Shakespeare
musiche originali Enrico Melozzi
ideazione Francesco Micheli
traduzione Michele Panella e Lorenzo Piccolo
interpreti e regia Alessio Calciolari, Gianluca Di Lauro,
Sax Nicosia, Lorenzo Piccolo, Ulisse Romanò
scene Erika Natati
costumi Rosa Mariotti
luci Andrea Violato
parrucche Marco’s Wigs
assistente alla regia Camilla Brison
assistente alle scene Giulia Bruschi
assistente ai costumi Leonardo Locchi
incisioni musicali Orchestra Notturna Clandestina, diretta dall’autore
fonico di palco Alessandro Baldo
tecnica Luna Mariotti
preparatore vocale Elena Arcuri
artwork Francesco Calcagnini
foto di scena Valentina Bianchi
sponsor tecnico Samec
produzione APARTE SOC. COOP.
TEATRO CARCANO – TEATRO METASTASIO DI PRATO
produzione Musicale CASA MUSICALE SONZOGNO
con il sostegno di Fondazione Cariplo nell’ambito del progetto fUnder35, Manifattura K, Kone Foundation (FI), Kilowatt Festival, Sorellanza
si ringrazia Accademia di Belle arti di Brera, Gianluca Agazzi, Chiara Bartali, Andrea Colombo, Naomi Galbiati, Francesca Sgariboldi, Donatella Mondani, Piccolo Teatro di Milano, Ingresso Artisti, Federico Salerno, Beatrice Palumbo, Leonardo Caruso, Serena Aldrighetti, Fulvio Santarpia, Orlando Manfredi, Salvatore Fiorini, Lorenzo Marquez, Giampiero Caponi, Emiliano D’Urbano, Carla Mulas Gonzales, Valentina del Re, Agnese Sielli, Elisa Agosto, Lodovico Bertuzzi. Viole Chiara Ciancone, Matilde Orsetti, Ambra Michelangeli, Leila Shirvani, Elisa Pennica, Giovanni D’Eramo, Dario Epifani, Joao Tavares Filho, Francesca Raponi, Ludovico D’Ignazio, Giustina Marta, Oriana Santini, Bego Garcia, Valerio Marcangeli, Daniele Moriconi, Giuseppe Rosa, Olena Kurkina, Fabrizio Candidi
Maurizio Porro, Cultweek
Sapida, geniale, pantagruelica abbuffata di teatro.
Paolantonio Paganini, Lo Spettacoliere
Una grande ricerca artistica: Queen Lear è infatti un caleidoscopio di stili, linguaggi, registri. (…) Tutto si intreccia, con rispetto, senza prevaricazioni, dando vita ad un nuovo linguaggio molto potente. Un arabesco infinito e corale di gesti, parole, canzoni, musica ed immagini. (…) Perchè la loro poetica, che nasce da percezioni e espressioni spontanee, è cosi potente da risvegliare in noi un senso sopito di meraviglia, di stupore. Regalano insomma, un bagno di fanciullezza.
Raffaella Roversi, 2righe.it
Una prova di alto livello per tutti gli attori, perfetti e virtuosi in un meccanismo complesso e variegato di movimenti ed espressioni. (…)
Uno spettacolo assolutamente da non perdere, diverso, vero, intenso, che fa sorridere, ridere, commuovere e che porta un messaggio universale che di questi tempi si dà sempre troppo per scontato: ama finché sei in tempo.
Vittoria colli, Cosmopeople
Queen LeaR (…) è un tributo alla nostra tradizione teatrale, cinematografica e musicale, con citazioni da “Rigoletto” come dal repertorio dei generi pop ed elettronico fino alla declamazione rap.
È un’acuta e sensibile riflessione su temi di grande attualità. Ma è anche e soprattutto un’eccellente prova attoriale.
Lorena Vallieri, Corriere Spettacolo
Queen LeaR tocca le nostre corde più profonde che, nel bene o nel male, ci rendono semplicemente ed inevitabilmente umani.
Michele D’Ambrosio e Leonardo Favilli, Gufetto.press
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